Una strada in salita: hiking in California

Stanchi della città? Se avete voglia di evadere per una giornata e dedicarvi ad attività più salutari, in California non c’è niente di meglio che una gita su qualche cocuzzolo, o come dicono qui, “hiking“: letteralmente “scalare“, praticamente passeggiate più o meno impegnative. Tra le escursioni più popolari da San Diego ci sono sicuramente quella a Three Sisters Fall e a Potato Chip Rock, facilmente raggiungibili affittando un’automobile.

Three Sisters Fall è stata per me l’attività più impegnativa: il percorso percorribile a piedi inizia in piano, per svilupparsi poi verso il basso, in un sentiero stretto, privo di zone d’ombra. Dopo circa 15 minuti di camminata verso il basso, alla ricerca della piccola cascata, ci siamo resi conto che non avremmo visto altra acqua eccetto quella delle nostre bottiglie, perché la fonte era secca a causa delle alte temperature. Abbiamo quindi evitato di spingerci oltre, soprattutto perché la camminata si è svolta nel momento peggiore della giornata: tra le 12 e le 13, con una temperatura di circa 40 gradi. La parte peggiore è stata ovviamente risalire al parcheggio: se decidete di avventurarvi su questo sentiero, portatevi una scorta d’acqua e soprattutto, preferite un giorno più nuvoloso.

Potato Chip Rock si è rivelata una meta ancora più bella della precedente: il mio gruppo di amici ed io siamo arrivati tra le 16 e le 17, quando l’aria si era già fatta un poco più fresca e il sole iniziava la sua discesa. La strada verso la cima è sicuramente più agevole di quella di Three Sisters Fall, ma la pendenza vi ucciderà! Tolte le numerose soste che vi serviranno per evitare di morire per ipossia, la cima è raggiungibile in 40-50 minuti; l’ora del tramonto è sicuramente la migliore per scattare foto alla roccia a forma di patatina, ma preparatevi perché, soprattutto nel finesettimana, potrebbe esserci un po’ di coda, data la popolarità del luogo.

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Per me è stata una giornata faticosa ma bellissima, in cui ho potuto mettermi di nuovo alla prova sfidando le mie scarsissime abilità fisiche e riuscendo a non finire in lista per un trapianto di cuore e polmoni, arrivando, seppur con fatica, alla meta. Ho guidato per l’intera giornata, un’altra esperienza che fino a poco tempo fa mai avrei pensato di poter vivere, e sono stata molto orgogliosa di me stessa quando ho fatto il pieno alla nostra auto, per la modica cifra di 38 dollari (forse è l’aspetto della giornata che più mi ha lasciato a bocca aperta!). Dicono che tutti i tuoi sogni diventino realtà in California: di sicuro sono di nuovo me stessa, qui!

Le mie spiagge preferite a San Diego

Nei miei progetti pre-partenza non avevo prestato particolare attenzione a un eventuale tour delle spiagge, nonostante qui il clima sia noto per essere caldo ma non troppo, sufficientemente ventilato per i surfisti e adatto ai pantaloni corti anche in inverno. Beh, non è proprio così: probabilmente solo a Los Angeles si evitano nuvole e nebbia, perché su questo versante San Diego assomiglia molto di più alla sua cugina San Francisco. Comunque, per ora le temperature sono state abbastanza alte da consentirmi di bagnare i piedi (e non solo!) nell’oceano Pacifico. Oggi, quindi, vi parlo dei miei luoghi preferiti per farsi una nuotata!

Ocean Beach

Lei è stata il mio primo approccio al Pacifico dopo cinque anni di attesa. In un calmo lunedì pomeriggio di metà agosto ho raggiunto Ocean Beach: abbastanza frequentata dai surfisti, e anche da chi si cimenta per la prima volta con la tavola, dato che le onde generalmente non sono molto alte. OB è nota per il suo Farmers’ Market del mercoledì pomeriggio, dove potrete trovare cibo e souvenir di ogni tipo, e soprattutto per il suo essere meta di gente un po’ trasandata, molto tranquilla. Perfetta per una passeggiata, se vi muovete verso sud arriverete alle meravigliose Sunset Cliffs, perfette per un tuffo adrenalinico!

Mission Beach

Detto chiaramente: se cercate il relax, andate da un’altra parte! Mission Beach è probabilmente una delle spiagge più famose della città, piena di turisti e famiglie in qualunque giorno della settimana. La passeggiata sul mare è piena di bar e negozi, dove potrete anche affittare tavola e muta per tentare l’impresa di cavalcare le onde, oppure comprare un po’ di paccottiglia da riportare in patria agli amici insistenti che vi hanno chiesto qualcosa di californiano. Penso che attualmente il souvenir più popolare sia una bandiera della California, rigorosamente firmata da chiunque vi capiti a tiro. Dietro la spiaggia troverete Belmont Park, un piccolo parco di divertimenti che mi ha incuriosito poiché ospita montagne russe in legno. Non esattamente economiche (una corsa a un dollaro), ma potrei tornare a provarle.

Pacific Beach

Un po’ più famosa di Ocean Beach ma non tanto quanto Mission Beach, Pacific Beach vi incanterà con l’eleganza dei suoi hotel e con il molo che la divide a metà: a me è piaciuto tantissimo potervi passare sotto, camminando tra le colonne in legno e guardando le onde infrangersi contro. Proprio perché la spiaggia è particolarmente lunga da percorrere e non sono presenti le tradizionali cabine dei bagnini, i simpaticoni strombazzeranno sulla spiaggia con un caddy 4×4 per farsi vedere (e sentire) da tutti, surfisti impegnati in acqua compresi.

Torrey Pines Beach

In assoluto la mia preferita, ovviamente la più lontana e costosa da raggiungere. Torrey Pines è famosa per la sua piccola escursione, su e giù per le rocce e i sentierini in mezzo ad alberi e cespugli, con una vista spettacolare sul mare. Tanti arrivano qui per una passeggiata che generalmente si conclude a Black Beach, la spiaggia nudista della città. Io invece, dopo le inaudite fatiche del pomeriggio, sono scesa nella spiaggia sottostante, e ho scoperto il paradiso. Poco profonda, poco frequentata, è perfetta se state cercando una piccola oasi di tranquillità: sarete solo voi e il rumore del mare.

Pomeriggio a mille zampe al San Diego Zoo

E’ probabilmente l’attrazione più conosciuta della città, e uno dei più conosciuti (se non il più conosciuto) zoo al mondo: la scorsa settimana ho visitato lo Zoo di San Diego e dopo aver trascorso il pomeriggio a schiacchiarmi la faccia contro vetri e recinzioni come una bambina di cinque anni, dovevo condividere la mia esperienza. Per prima cosa, però, provvedete a (ri)vedere Madagascar e segnatevi le spassose battute a riguardo!

Eh, siamo qui… Ma esattamente, dov’è qui? San Diego: bianche spiagge sabbiose, ambiente simil-finto naturale, spazi aperti personalizzati! Siamo in California e questo è lo zoo di San Diego!

Il San Diego Zoo si trova al centro di Balboa Park, una meravigliosa area verde piena di musei ed edifici costruiti secondo lo stile spagnolo (ve ne parlerò in un prossimo post!): al suo interno sono ospitati più di 4000 animali appartenenti a circa 800 diverse specie, un paradiso per ogni veterinario! Il biglietto d’ingresso non è esattamente economico, dato che la tariffa base per gli adulti è 52 dollari, ma io ho potuto usufruire di un’offerta e sono quindi entrata spendendo la metà: non credo che avrei investito i soldi del biglietto a prezzo pieno, quindi sono molto soddisfatta di aver potuto risparmiare.

Lo Zoo si divide per differenti aree, ciascuna dedicata ad un diverso habitat naturale: le ricostruzioni sono davvero molto curate, ma comunque resta un po’ strano vedere un orso polare e qualche pinguino in California! Tra gli ospiti più famosi ci sono sicuramente i panda, visibili percorrendo uno speciale sentiero che conduce ad un’area a loro esclusivamente dedicata, che ogni giorno è presa d’assalto dai tanti turisti! Io ho apprezzato particolarmente l’ambiente australiano, pieno di koala, e la vasca con gli ippopotami: purtroppo quando sono passata erano completamente immersi, ma la visibilità era abbastanza buona.

Preparatevi ad una lunga camminata: il parco è visitabile tranquillamente in un solo pomeriggio, ma alcuni animali sono più attivi in determinate fasce orarie, quindi magari controllate preventivamente sul sito web per avere più informazioni! Vicino alle gabbie di alcuni lemuri, ad esempio, è proprio affisso un cartello che spiega la loro assenza. Tra le diverse attrazioni, una molto utilizzata è la visita comodamente seduti su alcuni bus: gli autisti fungono da guide turistiche e si fermano spesso per permettere ai passeggeri di vedere gli animali anche senza avvicinarsi alle gabbie. La mia preferita resta però la funicolare che attraversa lo Zoo da un capo all’altro, regalando una vista meravigliosa su Balboa Park: la corsa è breve, ma con il bel tempo (di cui ovviamente non ho goduto) si scattano foto davvero spettacolari, sembra quasi di essere dentro Jurassic Park!

Quando hai fame a San Diego: speciale In-N-Out Burger

La parte che preferisco dei miei racconti di viaggio è ovviamente quella in cui parlo di cibo: non poteva perciò mancare un capitolo speciale dedicato al fast food più famoso della West Coast, la controparte californiana di Shake Shack: In-N-Out Burger, che con i suoi famosissimi vassoi pieni di hamburger, patatine fritte e milkshake sta spopolando su Instagram!

Nata nel 1948 a Irvine (non lontano dal Los Angeles), questa catena è probabilmente la più famosa della West Coast: in ogni suo locale si consuma l’esperienza antropologica riguardante cibo più gustosa a cui abbia mai partecipato! Conoscevo la fama dei suoi hamburger, e non me ne voglia la mia amata East Coast, ma In-N-Out si colloca ad un livello superiore rispetto a Shake Shack. La qualità dei prodotti si è mantenuta medio-alta, nonostante si tratti comunque di un fast food e quindi non sia esattamente un pasto sano. Vi posso garantire, però, che ogni alimento, benché si tratti di semplice e reclamizzato junk food, è curato con attenzione.

La scelta dei panini è veramente ristretta, e questo a mio parere concorre nel mantenere un buon livello di prodotti: a disposizione del consumatore infatti, oltre alle bibite, ci sono il classico hamburger, il cheeseburger e il meraviglioso Double Double, con doppia carne e doppio formaggio (non è difficile indovinare quale tra questi è finito nel mio stomaco). Completano l’offerta patatine fritte e milkshake, nei gusti vaniglia, cioccolato e fragola. In ogni panino non mancano insalata e pomodori, e a scelta anche cipolle cotte o crude. Dopo aver pagato vi sarà assegnato un numero e potrete rifornirvi di ketchup e tovagliolini mentre aspettate la vostra ambrosia moderna. Il pane è morbido, la carne ben cotta, le salse saporite al punto giusto, le patatine né troppo molli né troppo croccanti, il milkshake denso: un vero paradiso per chi vuole davvero assaggiare gli Stati Uniti!

Per me i punti a favore non finiscono qui: ogni locale è arredato nello stile tradizionale di un diner americano, con piastrelle chiare, scritte al neon, piccoli tavoli e sedie girevoli rosse e bianche. Sembra un po’ di stare in un episodio di Happy Days! Ulteriore punto a favore, per una squattrinata come me, è il prezzo: il panino più caro non costa più di due dollari, e volendo provare la combinazione panino-patatine-bibita-milkshake non si spendono più di 9 dollari. Garantisco che i panini non hanno dimensioni lillipuziane e uno solo, insieme alla patate fritte, può saziarvi e costituire un pasto! Ho poi scoperto due piccoli segreti: è possibile apportare alcune migliorie al proprio panino, ad esempio aggiungendo fino a 4 fette di carne. Il fondo di ogni bicchiere, poi, nasconde un messaggio: sono riportate citazioni bibliche, attraverso le lettere e i numeri che indicano nome e capitolo del libro a cui appartengono. Presterò più attenzione alla comunicazione la prossima volta che mi berrò un milkshake!

Weekend a Los Angeles: blockbuster o flop?

Avevo deciso di passare il mio primo weekend statunitense in totale tranquillità, magari spaparanzata su una spiaggia a leggere il mio bel libro (che ho quasi finito, spero di pubblicare presto la recensione!), invece le ragazze che ho conosciuto qui mi hanno convinto a seguirle a Los Angeles. Allettata dalla proposta di trascorrere due giorni nella terra dove i sogni prendono vita, non ho potuto che accettare! Sarò il più sincera possibile: questa città mi ha purtroppo lasciato un po’ di amaro in bocca.

Il Griffith Observatory è il punto migliore per ammirare la scritta più famosa al mondo

Le persone con cui ho parlato dopo essere tornata dal mio breve viaggio mi hanno riferito che questa delusione accomuna un po’ tutti: i turisti si aspettano una città scintillante e attraente, proprio come quella che si vede nei numerosi film girati qui, e ovviamente lo scontro con la realtà è ben diverso (e anche un po’ sgradevole per i miei gusti). Il mio veloce tour per la città è iniziato da Venice Beach, essenzialmente una passeggiata tra chioschi che vendono corn dog, negozi di souvenir un po’ trasandati e barboni, per poi continuare a Beverly Hills, probabilmente uno dei quartieri più noti e più ricchi della città, dove ho potuto vedere il bellissimo municipio della città, dall’aria molto spagnola, e uno strano stagno ricoperto di ninfee al neon, che di notte s’illuminano! Anche il Griffith Observatory, punto panoramico sulla città, dal quale si può anche osservare la scritta preferita di qualsiasi cinefilo, è un luogo piuttosto interessante: avrei preferito passare più tempo all’interno dell’osservatorio, dedicando più attenzione alle diverse mostre, e soprattutto poter vedere l’eclisse di ieri mattina da qui!

Ultima tappa della giornata, la Hollywood Walk of Fame, probabilmente la via più famosa del mondo: ecco, è qui che iniziano le note dolenti. Se le precedenti tappe della visita potevano anche essere soddisfacenti, questa per me è un grande pollice verso: strapiena di gente (forse poco meno di Times Square) e di negozi di ogni tipo, dalle classiche catene ai più pacchiani negozi di souvenir, conditi da tantissimi ambulanti che propinano a turisti boccaloni prodotti di infima qualità, comprese foto con serpenti (veri!) al collo e gli immancabili travestiti da supereroi, la perfetta attrazione per i camminatori più babbei. Dovrete prestare molta attenzione a dove mettete i piedi, perché tutti sono intenti a leggere i nomi sulle stelle di marmo collocate a terra, e soprattutto, in prossimità delle celebrità più amate, non manca il capannello di turisti in posa per una foto ricordo. Credo che la sola stella di Michael Jackson si conquisti il 70% delle fotografie giornaliere scattate qui! Altre stelle, invece, forse perché un po’ fuori dal percorso più battuto, non sono minimamente calcolate dall’orda impazzita: il mio animo sensibile ha provato un po’ di pena per i poveri artisti dimenticati. Almeno ho avuto fortuna, perché vicino alla stella del mio amato Tom Hanks non c’era nessuno, e ho potuto inserirla nella mia raccolta di immagini senza bloccare il passaggio altrui!

The Lily Pond

La mia gita si è conclusa con mezza giornata a Santa Monica e una breve passeggiata agli Universal Studios, dove un negozio chiamato Popcornopolis ha catturato la mia attenzione! E’ stato un fine settimana intenso, ma penso mi sia stato utile per capire che non sono molto entusiasta di Los Angeles. Forse è per il suo essere traboccante di persone che credono di vivere in una realtà parallela (e quindi magari si comportano in modo un po’ incivile), oppure perché l’ho trovata più simile a una trappola per turisti, una città che cerca di farsi bella ma che in realtà è un po’ troppo superficiale. Vale il viaggio? Direi di sì, è uno di quei luoghi che prima o poi si sente la curiosità di visitare una volta nella vita. Ci tornerei? Non credo: troppo costosa per quel che ha da offrire realmente, troppo maleodorante, e io sono troppo newyorkese per schierarmi a favore della West Coast!