Perché How To Get Away Murder è la miglior serie giudiziaria

E’ appena terminata la terza stagione di How To Get Away With Murder (in italiano Le regole del delitto perfetto) e io ho dovuto mettere nero su bianco tutti i miei pensieri su questa serie: pur essendo di un genere piuttosto popolare, un giudiziario/thriller, secondo me batte egregiamente tutte le concorrenti di questa categoria, le assegnerei proprio un primo posto a dirla tutta!

Nata nel 2014 da un’idea di Shonda Rhimes (la signora di Grey’s Anatomy e del giovedì sera di ABC), How To Get Away With Murder è ambientata a Filadelfia, nella facoltà di legge dell’università cittadina, la cui persona più influente è senza dubbio Annalise Keating, avvocato e professoressa di diritto penale. Come ad ogni inizio di anno accademico, la carismatica insegnante sceglie un gruppo di studenti di talento che potranno seguirla più da vicino, a casa, in tribunale e nei vari casi da lei seguiti. Ovviamente tutto è sconvolto quando una studentessa ben conosciuta da Sam, psicologo e marito di Annalise, scompare nel nulla… Non svelo altro per chi ancora non ha iniziato questo telefilm perché merita veramente tanto e la parte più divertente è sicuramente provare a capire come siano andate realmente le vicende (e vi garantisco che è molto difficile scoprirlo).

Dopo la mia laurea, lo scorso anno, ho deciso di provare a guardare qualche episodio, ed è finita che ho consumato due stagioni in due settimane, tenendomi pronta per l’avvio della terza stagione a metà settembre. Sta diventando la mia serie tv preferita del momento: i personaggi sono ben caratterizzati, e tutti gli attori (specialmente Viola Davis, che interpreta la protagonista) svolgono un lavoro magistrale. Appena ti sembra di avere inquadrato un personaggio, questo ti dà prova di nascondere molto di più: uno su tutti Asher, il classico buffone della compagnia che si rivelerà invece un amico fedele. Ennesima prova che dobbiamo andare oltre alle apparenze e che prima di saltare alle conclusioni su qualcuno dovremmo provare a metterci nei suoi panni. Ovviamente per piacermi un telefilm non deve essere povero di storie d’amore, e se siete come me qui ne troverete abbastanza da farvi venire gli occhi a cuoricino.

Nessuna situazione è mai scontata, niente è mai come sembra, e sinceramente 15 episodi a stagione mi sembrano pochi per dipanare tutti i fili che compongono il mistero. Quello che ha di diverso rispetto alle sue “colleghe” è che finalmente trasporta lo spettatore in tribunale senza annoiarlo, anzi magari facendogli capire un po’ di più del complicato sistema giudiziario statunitense, puntando l’attenzione sui dettagli e permettendo quindi di partire da un elemento piccolo e magari di poco conto per poi inquadrare meglio la situazione generale. Tutto questo senza dimenticare drammi, crimini vari e sorprese ad ogni nuova puntata.

The 100, dalle stelle alla Terra

Nonostante vada in onda sul piccolo schermo dal 2014, The 100 (si pronuncerebbe The Hundred, ma DeCento è ormai è entrato nel lessico comune) non è una serie conosciutissima in Italia: eppure ha tutte le caratteristiche che la renderebbero un vero blockbuster della tv! Tragedie, storie d’amori, duelli, misteri, antagonisti degni di questo nome. Non so che cosa la mantenga tuttora in disparte: io per prima, comunque, non la seguo dagli albori, ma sono stata spinta dalla curiosità nella mia lunga estate post laurea. Ed ora non posso che consigliarla!

Il cast della prima stagione
Il cast della prima stagione

L’anno in cui sono ambientate le vicende non è esplicito, si sa solo che il pianeta in cui viviamo è stato sconvolto da una catastrofe nucleare, e i pochi superstiti sono emigrati nello spazio, in una stazione orbitante. Purtroppo per loro, però, le scorte d’aria stanno finendo: il cancelliere Jaha (Isaiah Washington, ossia il caro vecchio dottor Burke di Grey’s Anatomy) decide quindi di inviare sulla Terra cento giovani criminali, un po’ per risparmiare e un po’ per verificare se il vecchio pianeta sia ancora abitabile. Sorpresa sorpresa, è proprio così: facciamo quindi la conoscenza di Clarke Griffin, indiscussa capa della banda insieme a Bellamy Blake, di sua sorella Octavia, dell’idealista Finn, e tanti altri ragazzi, tutti uniti dal fatto di aver compiuto atti illegali mentre erano sull’Arca.

Se nella prima stagione gli episodi si concentrano sull’esplorazione e la difficile convivenza con i terrestri prima e l’arrivo dell’Arca sulla Terra poi, la seconda stagione si fa molto più complicata con la scoperta di Mount Weather, un bunker in cui vive un non troppo placido popolo. Attualmente la serie è ferma alla terza stagione, in cui nasce una nuova faida tra terrestri e popolo del cielo. Niente paura però: se vi ho incuriosito, la quarta stagione dovrebbe iniziare durante il prossimo gennaio.

Jasper, uno dei pochi personaggi che detesto
Jasper, uno dei pochi personaggi che detesto

Perché The 100 mi ha colpito? La storia ricalca il modello delle solite serie distopiche, aggiungendo però qualche elemento dei film di avventura: il contatto con una civiltà semisconosciuta e il conseguente difficile rapporto che si ha con essa. Durante la seconda stagione, la mia preferita, vengono a galla tutte le problematiche dei diversi personaggi (perché in realtà questo è un telefilm corale, non abbiamo un unico protagonista) e le sfaccettature delle personalità più complesse. Siamo quindi portati a capire e, con il tempo, ad affezionarci anche a chi all’inizio sembrava un vero cane sciolto: per quasi tutti in questa serie c’è un momento di valore o di redenzione. Proprio per questo infatti non riesco a trovare un unico personaggio preferito, ognuna delle storie raccontate mi trasmette qualcosa. A parte quella del lagnoso Jasper e della superba Lexa, gli unici due personaggi che mi provocano una sincera irritazione.

A mio parere The 100 è una serie completa, che permette di uscire dai soliti schemi della distopia: se devo trovare dei difetti, a volte la produzione tratta frettolosamente alcune questioni, a discapito di altre, e non soddisfa in tutto il pubblico riguardo le storie dei vari personaggi. Ma a questo ci ha già abituati Shonda Rhimes!

Haters Back Off, tutta la nostra follia sul web

Madre ingenua e assolutamente accondiscendente? C’è. Zio sbruffone e totalmente incapace? C’è. Protagonista mentalmente instabile, ingiustificatamente snob e priva di qualunque talento? Abbiamo anche lei. Haters Back Off è l’ultima perla confezionata in casa Netflix, e secondo me dovrebbe diventare materia di studio. La protagonista è Miranda, una giovane abitante di Tacoma che vive con la madre, un’immaginaria malata di fibromialgia, e lo zio, un nullafacente che cerca invano di crearsi una carriera. Con loro c’è anche la sorella di Miranda, unico individuo che dovrebbe avere il diritto di voto nella famiglia, data la sua normalità.

Haters Back Off, tutta la nostra follia sul web

Spinta dallo zio, che la incoraggia a migliorare le sue inesistenti doti canore, la ragazza carica un raccapricciante video su YouTube, per poi iniziare un piano cinque fasi che dovrebbe portarla alla ribalta. Leggendo solo questo accenno di trama, non ho potuto fare a meno di pensare a Chiara Paradisi, youtuber che sta facendo parlare di sé più per i suoi atteggiamenti ridicoli e i modi volgari che per reali doti comunicative. Penso che per lei, e per chi come lei si lancia sul web millantando talenti e credendo di poter mettere i piedi in testa a tutti, sarebbe molto istruttivo vedere una serie tv come questa.

Haters Back Off è a mio avviso il prodotto più geniale di quest’anno telefilmico, una parodia della realtà con cui tutti i giorni abbiamo a che fare. Perché se la maggior parte di noi utilizza i social network in modo più o meno normale, un’altra parte (che a mio avviso si ingrandisce sempre di più) dà in pasto al web tutta la propria goffaggine e la propria inadeguatezza, lamentandosi di ricevere critiche e pretendendo al contrario elogi continui per abilità che non possiede. Cosa spinge queste persone a mettere in mostra i propri difetti credendo che siano pregi? L’unica risposta che ho trovato è che evidentemente sono state fatte vivere in una piccola bolla felice dalla propria famiglia, viziati (proprio come avviene nella serie, in cui, ad esempio, Miranda studia a casa, al contrario della sorella) e portati ogni giorno su un piatto d’argento.

Finché ai cocchi di mamma non viene voglia di uscire dalla propria casa, bramosi di ricevere nuove attenzioni e complimenti. E davanti all’evidenza, hanno ancora il coraggio di negare e autoproclamarsi talentuosi. Sia chiaro, non giustifico commenti assolutamente incivili, come quelli di chi augura a questi fenomeni del web la morte (o peggio). Penso piuttosto che ciascuno dovrebbe rendersi conto dei propri limiti e non mettersi in ridicoli davanti a milioni di utenti. Trenta minuti, otto puntate, cinismo e brillantezza condensati in una serie tv. E complimenti a Netflix!

I Medici, un gioiello tutto italiano

Non ho potuto seguire subito in tv le prime due puntate della serie, ma non mi è certo sfuggito l’entusiasmo sui social che ha accompagnato la messa in onda de I Medici: praticamente tutti si sono dimostrati affascinati da questo nuovo prodotto, e io, dopo essermi gustata i primi due episodi, non posso che dimostrarmi concorde! La nuova serie tv, in onda su Rai Uno, era attesa da tempo, e le pubblicità in queste ultime settimane hanno invaso non solo il teleschermo ma qualunque supporto (multimediale e non) che avessi intorno.

I Medici, un gioiello tutto italiano

Non appena è stata annunciata sono subito rimasta incuriosita, anche perché apprezzo molto le serie storiche (anzi, meglio dire pseudo storiche, visto che senza una buona storia d’amore evito di seguirle) e già conoscevo l’attore protagonista, Richard Madden, ovvero il compianto Robb Stark di Game of Thrones: interpreta Cosimo de Medici, figlio di Giovanni, capostipite della famiglia dominatrice di Firenze. Tutto inizia con la morte del patriarca: vediamo così le indagini per scoprire qualcosa di più sul suo assassinio, e numerosi flashback mostrano come Cosimo sia un vero appassionato d’arte, al contrario del fratello Lorenzo, più donnaiolo e pragmatico.

I parallelismi con Game of Thrones sono una vera chicca: proprio come Robb, Cosimo non può sposare la donna che ama ma finisce per unirsi a Contessina, in modo da aumentare il prestigio della famiglia; non può essere un artista (anche se inizia a studiare insieme a Donatello), ma deve impegnarsi come banchiere. Infine, ciliegina sulla torta, il padre della donna che sposa è lo stesso attore che interpreta Walder Frey, il suo assassino nell’altra serie! Ho trovato il tutto molto divertente, un po’ come accade con Sean Bean, i cui personaggi muoiono tragicamente in ogni produzione.

I Medici, un gioiello tutto italiano

I Medici ha sicuramente il merito di avermi riportata ad accendere il televisore, grazie a una colonna sonora davvero azzeccata (bellissimo il brano della sigla iniziale, interpretato da Skin), alle vicende ben intrecciate e alla bravura degli attori: ricordo che oltre a Madden abbiamo Dustin Hoffman nei panni di Giovanni, e anche Contessina è un volto noto. La sua interprete infatti è stata vista recentemente come interprete della regina Victoria nell’omonima serie tv. Tra i volti italiani ci sono Alessandro Preziosi come Filippo Brunelleschi (proprio in questi episodi inizia la costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore) e Miriam Leone, ex Miss Italia, che interpreta Bianca, primo amore di Cosimo. Una volta tanto, insomma, le produzioni italiane (spesso snobbate, forse perché poco allettanti agli occhi dei giovani) riscuotono un successo per tutte le fasce di pubblico. Tanto che all’estero lo streaming della serie è stato ricercatissimo: per una volta anche negli Stati Uniti proveranno cosa si prova a cercare i sottotitoli dei propri spettacoli preferiti!

Once Upon A Time dovrebbe finire?

La sua sesta stagione è iniziata da poco (domenica notte è andato in onda il quarto episodio), ma Once Upon A Time non ha del tutto convinto il pubblico come la produzione sperava. Ideata da Edward Kitsis e Adam Horovitz, è una serie tv di stampo famigliare, che ha per protagonista Emma Swan, una giovane che scopre di essere collegata a Storybrooke, magica cittadina in cui vivono gli abitanti delle fiabe.

La Evil Queen è tornata!
La Evil Queen è tornata!

Nonostante sia una delle poche serie che resiste abbastanza bene al drastico crollo di ascolti che ha investito quasi tutti i prodotti del piccolo schermo, Once Upon a Time, giunta a un traguardo così importante, risente di un’ovvia stanchezza, soprattutto visto la noia totale che la quinta stagione ha trasmesso al pubblico: episodi incentrati in modo quasi totale su Emma Swan e il suo bel fidanzato Hook, tanto che molti hanno parlato di una mossa strategica della produzione, per soddisfare i fan della coppia probabilmente più amata del telefilm.

Questi nuovi episodi hanno in realtà portato un ritorno al passato, come già avevano annunciato i due creatori: ovvero la ripresa di personaggi che non si vedevano da tempo, come Archie/Grillo parlante o Ashley/Cenerentola. Più avanti, inoltre, vedremo come la serie si svilupperà in unico arco narrativo, e non più in due metà abbastanzata distinte come è avvenuto fin dalla seconda stagione. Devo ammettere che soprattutto la terza puntata è stata molto avvincente e ben costruita, un vero ritorno alle origini che però so già non potrà essere mantenuto, in quanto il personaggio di Ashley sparirà di nuovo: ed è così anche per molti altri, forse il difetto principale di questa serie.

Cenerentola, la matrigna e le sorellastre in una scena della 6x03
Cenerentola, la matrigna e le sorellastre in una scena della 6×03

Emma è di nuovo in pericolo, Tremotino e Belle (la mia coppia preferita) sono di nuovo separati, Regina ha di nuovo problemi con la sua personalità e non riesce a trovare il proprio lieto fine. Purtroppo, anche se questa serie mi piace davvero molto, e trovo che alcuni personaggi, anche grazie a chi li interpreta, siano davvero eccellenti, penso che questa sia la solita minestra che viene riproposta al pubblico per l’ennesima volta. E’ un circolo che non si ferma mai, un ripresentarsi continuo dei soliti, vecchi problemi irrisolti: spiace, soprattutto perché abbiamo avuto modo di conoscere e immaginare i personaggi delle fiabe e dei classici della letteratura in modo diverso. Questa serie è stata un delizioso esercizio di fantasia, ma io credo che sia giunto il momento di mettere la parola fine al libro di fiabe: dovrebbe arrivare un lieto fine per tutti, e un nuovo prodotto in cui investire le loro energie per Kitsis e Horowitz.