Non sono una grande amante dell’arte: come tante persone, mi limito a osservare le opere nei musei, prendendo nota mentalmente di quali quadri o sculture mi piacciono di più, capendo così quale stile o corrente apprezzo maggiormente. Cambia tutto, però, quando si parla di pittura fiamminga: poco studiata nelle scuole (anzi, praticamente ignorata), negli anni ho davvero imparato ad amarla. Ogni dipinto racconta una piccola storia, è pieno di dettagli e di simboli, e molte volte sono rappresentati elementi fantastici o propri della cultura popolare.
La mostra di Venaria Reale, perciò, era decisamente adatta a me: in Bruegel: capolavori dell’arte fiamminga è esposto un discreto numero di opere, perlopiù provenienti da collezioni private, che permettono di avere una panoramica completa sulle diverse caratteristiche della pittura fiamminga. Ovviamente al centro c’è la prolifica famiglia Bruegel, capeggiata da Pieter il Vecchio; non mancano però anche opere di Hyeronimus Bosch, il mio preferito in assoluto, di cui amo la minuzia e le raffigurazioni fantastiche.
Quello che apprezzo di più in questi quadri è proprio la cura per il dettaglio, la voglia di rappresentare la cultura popolare in ogni suo aspetto, anche quelli più imbarazzanti o di cui comunque si parla poco: è solo in questo periodo, ad esempio, che la rappresentazione del cibo o di persone che mangiano non è più considerata un tabù, e si apre così la via a numerose opere in cui si raffigurano banchetti e festeggiamenti, specie nuziali.
Altro aspetto curioso è la predilezione per i simboli e le allegorie: tantissimi dipinti sono proprio intitolati Allegoria e si riferiscono perlopiù ad elementi religiosi oppure astratti, come ad esempio i vizi capitali o i cinque sensi. Tra tutti quelli esposti, quello che ha attirato di più la mia attenzione è stato il quadro dedicato alla guerra: tra armi e armature, le bestie azzannano il capretto e l’agnello, il falco si avventa sulla colomba portatrice di pace, e sullo sfondo si consuma anche uno stupro. Il clima è cupo, grigio: secondo me è una rappresentazione molto efficace delle caratteristiche della guerra. Già nel Sedicesimo secolo popolazione e artisti se ne rendevano (tristemente) conto.
Ciao Rachele.
Anche a me piacciono molto i fiamminghi. I colori , la vivacità delle scene, i paesaggi.
Non conoscevo, e tutt’ora non conosco (mi documenterò) Jan Mandijn ma mi ricorda molto, nel dipinto da te postato, Hieronymus Bosch. Trovi?
Anche io ho avuto la stessa impressione appena ho visto l’opera, e nella mostra infatti Bosch era citato come ispirazione!
Sì vero, difatti spesso nelle attribuzioni i due vengono confusi, poichè si ravvisa il medesimo stile “bizzarro” e irriverente. Nella mostra c’è anche un notevolissimo “I sette peccati capitali” di Bosch. Altro quadro notevole è quello di David Teniers “Contadini in una taverna”. Comunque bellissima mostra, peccato sia finita ieri. La migliore fatta nel torinese dai tempi di Degas.