Caro, vecchio Clint: la mia recensione di Il Corriere – The Mule

Date a un affascinante vecchietto appassionato di fiori un’automobile e saprà fare grandi cose. Se poi il vecchietto si chiama Clint Eastwood, andate sul sicuro! Dopo Gran Torino, Eastwood torna al cinema nella doppia veste di attore protagonista e regista, e rinnova il sodalizio con Bradley Cooper, un altro che non ha solo un bel faccino ma anche tanto talento: questa è la mia recensione di Il Corriere – The Mule.

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Tutto quello che vi hanno detto su Bohemian Rhapsody è falso

I Queen sono sempre stati parte del patrimonio musicale consumato in casa mia, ma fino all’inizio del liceo non sono mai stata particolarmente appassionata: è successo che mi sono lasciata incuriosire dai testi, dalle storie personali dei quattro componenti del gruppo, fino a farli diventare i miei preferiti in assoluto. Per questo non ho potuto non correre al cinema quando, finalmente, dopo circa sei anni di attesa, Bohemian Rhapsody è arrivato in sala. Mi sono seduta prevenuta sulla poltroncina, dopo aver letto recensioni negative, che valutavano il film come una pellicola sciapa, addirittura troppo incentrata sulla figura di Mercury, tanto da santificarlo. Ero preoccupata che la mia opinione della band potesse cambiare, che i miei ricordi postumi sarebbero stati rovinati: non è stato così.

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Questa non è una storia di fama: la mia recensione di A Star is Born

Forse sono in ritardo, forse ne hanno già parlato tutti, ma in quel frullatore di mese che è stato ottobre ho trovato poco spazio per il cinema (e ho perso uno dei film che avrei voluto vedere): A Star is Born è stato inaspettato, ma proprio bello, come me lo aspettavo.

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La Forma dell’Acqua, parola d’ordine delicatezza

Ho seguito la cerimonia di consegna dei premi Oscar solo una volta, per lavoro: non sono una grande appassionata di cinema e di solito le pellicole candidate non mi attirano minimamente. Ma con La Forma dell’Acqua è andata diversamente: ho letto qualcosa qua e là, ho ricevuto qualche consiglio, e quindi, dopo che il film si è portato a casa quattro statuette, ho deciso di sedermi sulle poltroncine del cinema.

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Capolavoro The Post: il mio (ennesimo) inno alla cultura a stelle e strisce

Non ricordo bene quando, ma qualche mese fa, uscendo dal cinema, ho notato la locandina di The Post che pubblicizzava il film in uscita di lì a qualche mese. Non avevo idea di quale fosse la trama, ma mi è bastato leggere il nome di Tom Hanks in cartellone per decidere che sarei andata a vederlo. E incredibilmente, è andata proprio così, e perfino nel giorno della sua uscita! Questo 2018 parte proprio nel modo giusto.

The Post racconta l’ascesa del Washington Post, da giornale locale a testata nazionale e di grande importanza. Il motivo? La scelta di pubblicare pezzi inerenti ai Washington papers, documenti sottratti illegalmente al governo statunitense, che svelano all’opinione pubblica anni di menzogne, in particolare riguardo all’ancora in corso guerra in Vietnam. La proprietaria del quotidiano, Kay Graham, deve districarsi tra le sue potenti amicizie e la tradizione giornalistica familiare, oltre che con il suo direttore, Ben Bradlee, ben deciso a pubblicare le informazioni in suo possesso e a sfidare la pazienza del presidente Nixon.

Immaginate il mio piacere quando, dopo aver scoperto che avrei avuto Tom Hanks come attore protagonista e John Williams come autore della colonna sonora, il film che mi apprestavo a vedere aveva come tema il giornalismo. E’ un filmone? Non proprio, anche se porta sul grande schermo fatti reali, una storia di libertà e di coraggio, di sostanza, qualcosa che, a mio parere, non sarebbe potuto accadere da nessun’altra parte del mondo se non negli Stati Uniti. E’ quello che mi viene in mente quando parlo delle mie esperienze, quel certo non-so-che che ti fa capire che sì, forse è una follia, ma certe azioni sono necessarie. E tutto assume un sapore diverso quando queste azioni non coinvolgono solo te ma anche le persone che ti stanno intorno, l’opinione pubblica, tutti.

Tom Hanks perfetto come sempre (ma io sono di parte), Meryl Streep quasi irriconoscibile in un ruolo così timoroso, così indeciso, lei che siamo sempre abituati a vederla come donna forte e decisa. Mi è piaciuto tanto anche il personaggio del reporter Ben Bagdikian, un giornalista vero, di quelli duri e puri, un po’ stanchi e con la barba lunga ma sempre pronti a lavorare e a buttarsi con un po’ di incoscienza. Rinomino il mio amato John Williams, autore delle musiche, perché le sue composizioni sono state ancora una volta azzeccatissime, e se lo conoscete almeno un po’ ritroverete il suo inconfondibile stile. Alla regia troviamo invece Steven Spielberg: per me la combo sarebbe stata perfetta se a dirigere ci fosse stato Ron Howard, ma pensandoci bene questo non è un film nelle sue corde. Spielberg è un classico, una garanzia di successo quando si devono raccontare storie vere o comunque ispirate a fatti reali (Salvate Il Soldato Ryan è un altro esempio di come il trio Spielberg-Hanks-Williams funzioni benissimo insieme).

E quindi il mio consiglio è: correte al cinema e immergetevi nella Washington del 1971. Dove il New York Times è ancora l’unico e il solo quotidiano d’America, dove i praticanti giornalisti esistono e possono fare qualcosa di utile, dove le ville dei ricchi e potenti si animano di feste lussuose. E dove Nixon si nasconde a urlare ordini stizziti al telefono, giusto in tempo per prepararsi allo scandalo Watergate.