Ha aperto (quasi) in sordina, ma gli appassionati di cibo ciccione lo aspettavano con impazienza: Five Guys è sbarcato a Milano, e nonostante la sfortunata apertura in concomitanza con Starbucks ha attirato tantissimi clienti in corso Vittorio Emanuele, riuscendo anche nell’impresa di non spargere odore di fritto nella centralissima via dello shopping.
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Five Guys è un fast food statunitense che si è espanso anche in Europa e in altri contenti: si pubblicizza come attento alle materie prime e al gusto dei suoi prodotti. Io l’ho conosciuto ormai sette anni fa, una domenica sera di metà luglio, a Soho, New York. Non ricordo molto se non il prezzo abbordabile (il nostro budget ammontava a solo dieci dollari) e il fatto di poter personalizzare il panino, partendo da una base standard e potendoci aggiungere diversi ingredienti e salse. Ero quindi molto felice di poterlo provare anche in Italia dopo così tanto tempo! A poche settimane dall’apertura sono stata fortunata e ho trovato poca coda all’ingresso del negozio, potendo così approfittarne per la pausa pranzo.
Il locale è veramente grande, con un design semplice e molto americano: banconi e sedie in legno, piastrelle bianche e rosse, ai muri sono appese citazioni di testate giornalistiche che decantano la bontà della carne. L’ambiente, insomma, è in linea con lo spirito del paese di nascita. Al momento di ordinare, però, sono rimasta veramente delusa: decisamente i prezzi proposti non sono da fast food. Non esistono, infatti, possibilità di menù a prezzi agevolati, ma i prodotti si pagano singolarmente: un panino piccolo (questa dicitura indica la presenza di una sola fetta di carne, non l’effettiva dimensione del panino) costa circa 8 euro, a cui si aggiungono i 5 euro delle patatine e altri 2/3 euro per la bibita. Un panino piccolo accompagnato da patatine piccole sicuramente sazia, e la bibita è free refill, ma questo per me non basta a giustificare il prezzo, decisamente eccessivo nonostante la bontà della materia prima.
Il panino è personalizzabile, proprio come ricordavo, e le patate fritte sono buone e croccanti, seppur troppo salate: insomma, niente giustifica una spesa media di 15 euro per un pasto al fast food. Benché, appunto, la qualità sia buona, non trovo il costo proporzionato a quanto ho mangiato: se si facesse pagare per la qualità, il mio amato In-N-Out Burger non avrebbe certo prezzi così popolari, eppure gli impiegati del fast food californiano sbucciano le patate a mano! Insomma, l’esperienza è stata soddisfacente (e anche leggermente nostalgica) dal punto di vista dei sapori, ma la spesa, per me, è ancora un fattore decisivo nello scegliere il luogo dove trascorrere la mia pausa pranzo.