300 di questi giorni, Grey’s Anatomy!

Non so da quanto tempo non scrivo la recensione di qualche episodio di serie tv, soprattutto perché gli ultimi post al riguardo hanno portato sfortuna ai telefilm, tutti chiusi per scarsi ascolti. Ma questo episodio, questa serie tv, meritavano tutte le mie parole e il mio sforzo creativo (anche perché non scrivo da talmente tanto tempo che probabilmente ho dato l’impressione di essere diventata un’eremita). Dopo un paio di stagioni sottotono, Grey’s Anatomy è finalmente tornata al suo antico splendore, e non potevo che condividere le mie impressioni sull’episodio numero trecento, andato in onda proprio questa settimana.

Grey’s Anatomy non è la mia serie preferita (per questo, un post futuro, lo prometto!), ma è la mia serie conforto. Quando sono triste, nervosa,ansiosa, basta la visione di un qualunque episodio per farmi calmare, per farmi riflettere, anche grazie alla voce guida di Meredith che accompagna i quaranta minuti di ogni puntata. Il settimo episodio della quattordicesima stagione è altamente celebrativo, proprio perché si tratta del trecentesimo in produzione. Avevo letto in giro qualche anticipazione, ad esempio quella sul “ritorno”, almeno in forma di spirito o citazione, dei tre specializzandi che facevano parte del quintetto originale insieme a Meredith e Alex: Cristina, George e Izzie sono stati menzionati attraverso tre personaggi a loro molto somiglianti, sia caratterialmente che fisicamente, e che hanno riportato a galla tanti ricordi tra tutti i medici del Grey Sloan Memorial Hospital.

Inizialmente pensavo che sarebbe stato un episodio come un altro, anzi avevo addirittura paura di rimanere delusa da questa puntata celebrativa. Invece è stato tutto perfetto, un vero regalo per i fan, con dettagli meravigliosi, che spero di non essere stata l’unica a notare. Tutti i personaggi che hanno lasciato la serie, sia vivi che morti, sono stati ricordati a parole o con gesti concreti: Ellis Grey è addirittura apparsa nella scena finale, proprio quando sua figlia Meredith vince il premio Harper Avery, la chiusura di un cerchio e di una storyline che tanto ha dato allo show, specie nelle prime stagioni.

We are forced to acknowledge that certain kinds of magic exist. And that history and memory and the ghosts of our past are sometimes just as tangible as anything we can hold in our hands.

Il dettaglio che ho amato di più, però, è stata la scelta delle musiche: tutte le canzoni sono riprese dal primo episodio della serie, e sono riproposte in ordine inverso rispetto a quanto visto trecento puntate fa. Credo che la musica sia un tratto distintivo di Grey’s Anatomy, quel particolare che mi fa innamorare di ogni singolo episodio e che mi fa associare i miei ricordi a quanto visto sul piccolo schermo. Questa serie, ancora una volta, mi ha fatta divertire e piangere, e penso che da un prodotto di intrattenimento non ci si possa aspettare di più. Dopo un episodio così bello inizio a temere che la serie stia giungendo alla sua conclusione: per quanto mi riguarda, però, sarebbe una fine perfetta, quella che non avremmo mai sperato dopo tutte le peripezie a cui Shonda ci ha abituati.

Still Star-Crossed, un fuoco nella Verona shakesperiana

Dopo che tutte le serie tv che seguo sono terminate, è partita l’ovvia caccia a qualcosa che potesse sfamare la mia voglia di storie: la scelta è caduta su Still Star-Crossed, nuovo prodotto in casa ABC, dietro cui c’è anche la nostra vecchia conoscenza Shonda Rhimes (un nome una garanzia di drammi). Il primo episodio è stato trasmesso lo scorso lunedì, ed è riuscito a catturare la mia attenzione.

Verona è famosa soprattutto per Romeo e Giulietta, ed è proprio qui che parte questa storia: nella prima metà dell’episodio sono brevemente introdotte le vicende dei due amanti e la rivalità tra Montecchi e Capuleti. I due si sposano in segreto, con testimoni la cameriera e cugina di lei Rosalina, e il cugino di Romeo, Benvolio: nessuno di loro approva questa mossa, ma ormai i due sono sposati e pronti a rivelare l’accaduto alla famiglia. Mentre torna in città Escalo, figlio dell’attuale principe di Verona, i contrasti tra le famiglie aumentano e questo fa sì che si giunga alla morte dei due protagonisti della tragedia di Shakespeare. La storia, però, non finisce qui, perché a “sostituirli” nel loro ruolo ci saranno proprio Rosalina e Benvolio, che Escalo, preso il potere dopo la morte del padre, decide di far sposare proprio per riportare la pace in città, che dovrebbe essere pronta ai pericoli esterni.

Sinceramente anche dopo aver visto una sola puntata questa serie non mi sembra un flop totale, come invece ho letto in rete: alcuni dettagli però mi hanno lasciata perplessa. Come sempre, non vedo il motivo di far interpretare ruoli ad attori di colore quando la realtà storica è ben lontana. Soprattutto, non ha assolutamente senso inserire personaggi di colore in una famiglia di bianchi: la genetica non è un’opinione! Anche i costumi sono un po’ troppo barocchi e decisamente poco medioevali, ma a quanto pare è una prerogativa delle serie pseudo storiche rendere tutto più attraente di quanto è stato in realtà: stiamo parlando comunque di un prodotto che ha bisogno di essere venduto.

Non mi disturba invece il linguaggio colloquiale e lontano dalla poesia shakesperiana, anzi io trovo che sia molto meglio così. Trovo il lirismo infilato in serie tv potenzialmente di massa un dettaglio altezzoso, che alla lunga fa perdere spettatori. I personaggi per ora mi sono ancora semisconosciuti, ma spero che abbiano una caratterizzazione un po’ più forte di quello che ho potuto vedere in questi primi 40 minuti: il rischio è quello di cadere nel cliché, ma la vicenda mi sembra originale e mi dispiacerebbe vedere cancellata anche questa serie!

Shondaland, la sfida del giovedì sera

Fino a questa primavera l’hashtag dominante sui social era #TGIT, Thank God It’s Thursday: non più Friday, non più l’avvio del finesettimana, ma il giovedì sera. Precisiamo: il giovedì sera di ABC, con tre serie tv in onda una dietro l’altra, Grey’s Anatomy, How To Get Away With Murder e Scandal. La regina, insomma, era Shonda Rhimes, loro ideatrice. Le vicende di Olivia Pope sono state posticipate a data da definirsi, ma nel frattempo medici e aspiranti avvocati invadono ancora le case dei fortunati spettatori statunitensi. Ma tra questi due colossi televisivi, chi è il vincitore?

Shondaland, la sfida del giovedì sera

La cara Shondona, qui sopra ritratta in un momento di entusiasmo, probabilmente dovuto all’avere nuovamente distrutto le speranze dei fan, sembra però aver perso qualche colpo. Il motivo? L’evidente stanchezza che ha caratterizzato entrambi i pilot dei suoi show. Partiamo da Grey’s Anatomy, meglio noto come Mai una gioia a Seattle: le allegre (ehm ehm) vicende di Meredith Grey e amici (quelli ancora vivi, s’intende) sono ormai giunte alla tredicesima stagione. In una sola puntata troviamo concentrati tutti i temi portanti dello show: amori repressi, risse tra colleghi e segreti che riguardano la vita intera dei personaggi.

Shondaland, la sfida del giovedì sera

La domanda che mi ha accompagnata per tutta la puntata è stata: “Ma quanto è invecchiata Ellen Pompeo?“. Complice la normale comparsa di rughe sul viso della protagonista, inizio a trovare la sua recitazione approssimativa e banale, eccessivamente drammatica e pedante. Sì, sto iniziando a muovermi verso la fazione che sopprimerebbe Meredith e schiaffeggerebbe metà del cast. Drammi, troppi drammi, troppe complicazioni anche per chi sa già cosa lo attende nello show. Gli oltre 10 anni della serie si sentono eccome, e servirebbe un po’ di freschezza e vicende meno scontate per farla brillare di nuovo.

Grande ritorno, invece, per How To Get Away With Murder, accompagnato da grandi certezze: prima tra tutte, il mio costante desiderio di vedere cancellato, eliminato, bandito quel rimbambito di Wes Gibbins, lo studente più ficcanaso e impacciato di tutti i tempi, quello che crede di avere ragione e invece non sa far altro che combinare un guaio dietro l’altro. Ecco, di lui non si sentiva affatto la mancanza.

Shondaland, la sfida del giovedì sera

Chi mancava veramente, e ha tenuto tutti (o meglio, tutte) sulle spine durante l’estate, è Frank Delfino. Frank, il bello e dannato della serie, l’omaccione col cuore di panna, quello che veramente non riusciamo a credere sia capace di azioni tanto malvagie perché sotto sotto è davvero leale ad Annalise. Inutile negare che sono stata molto felice di vederlo vivo e vegeto, un po’ meno di vederlo radersi, ma la scena mi ha ripagato da questo piccolo cambiamento! Pollice in su anche per Annalise, tosta come sempre, e per Asher, il buffone della serie capace di sorprendere. Mi ha piuttosto deluso invece il comportamento lagnoso di Laurel e il suo eccessivo attaccamento a Wes la piaga. Il colpo di scena finale è stata la ciliegina sulla torta per una stagione che promette di nuovo grandi emozioni. E’ lei, per me, la serie vincitrice!