Di decolli e atterraggi, ovvero: come si torna dagli Stati Uniti

Come si torna dagli Stati Uniti? Nella pratica è molto semplice: basta comprare un biglietto aereo. E pregare che American Airlines non ritardi il tuo volo a meno di dodici ore dal decollo, costringendoti a due scali attraverso il paese, a un vicino di aereo maldestro, mentre gestisci il tutto con un raffreddore invadente e decine di caramelline Halls. Ma è da questo che si vede la tua attitudine da problem solver degno della Silicon Valley, no?

Mi hanno chiesto se sentivo la necessità di tornare qui, anzi di tornare a casa. Ho risposto in modo evasivo, perché proprio non lo so. Per cominciare, come ho scritto qualche settimana fa, casa è dove puoi essere te stesso mentre cerchi un po’ di zucchero per la tua torta della vita. E tante volte da queste parti non è stato così. Non credo di avere avuto la necessità di tornare, ma il tempo per la mia avventura era finito, ancora una volta. Probabilmente, come sempre, ci metterò un po’ troppo tempo a comprendere che quando qualcosa termina è perché doveva terminare, perché era arrivato il momento di concentrarsi su qualcosa di più impegnativo (e mi sembra quasi di vedere i miei impegni che si accatastano e mi fissano, mentre cerco irresponsabilmente di ignorarli). Ho vissuto per due mesi negli Stati Uniti, consolidando un Amore che dura da tempo (e che sono certa, durerà per sempre. Non è fare programmi, è che conosci il tuo cuore), e da quando sono volata verso est mi sento a metà tra luce e ombra. Perché mi aspettano gli amici, i té con la mamma tutti i pomeriggi, il mio macinino a quattro ruote, due tipi pelosi e miagolanti, la famiglia, i miei amati spartiti del mercoledì sera, Milano, e forse anche altre mille cose. Però è difficile, probabilmente questa volta più di tutte le altre.

San Diego è stata la mia prima, concreta casa al di là dell’oceano, non credo che ci tornerò mai, nei miei desideri non rientra più la California, ma mi mancherà. Anzi, ne sento già la mancanza. Non mi sono seduta un momento da quando sono atterrata, ormai dieci giorni fa, sempre per la mia solita paura di fermarmi e venire travolta da tutto quello che ho lasciato indietro. Amici, esperienze, risate (quelle da farti venire il mal di pancia e le lacrime agli occhi), migliaia di fotografie e momenti che continuo a far scorrere nella mia testa, ma sempre con una certa distanza, quasi come se avessi già, inaspettatamente, imparato che sono ricordi, che, come dicono, “Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere“. Nonostante questo, io voglio ricordarmi per sempre come mi sono sentita lì, a novemilasettecentotrentotto chilometri da tutto ciò che mi ha spezzato il cuore e che mi ha dato la spinta per partire ancora.

Non so davvero come si faccia a tornare dagli Stati Uniti (o dalla Thailandia o dalla Russia o da Timbuctù o da dove vi pare). So come si fanno le valige, più o meno come si scattano le foto, conosco le procedure per richiedere un visto all’ambasciata statunitense. E anche se questo è il mio quarto ritorno, sono ancora un po’ incapace a gestire il pacchetto della rimpatriata. Mi resta quello che so fare meglio di ogni altra cosa: fantasticare sul prossimo volo. Già qui mi chiedono quando ripartirò, chi lo fa deve avermi capita.

Balboa Park, l’anima spagnola di San Diego

Se state cercando l’anima spagnola di San Diego lasciate perdere Old Town, un luogo terribilmente turistico (anche se, come del resto ovunque in città, si gode di un tramonto bellissimo) e dirigetevi invece verso Balboa Park, cuore verde della città. Io ci sono stata per la prima volta proprio all’ora del tramonto, e me ne sono innamorata!

Balboa Park è un grande parco situato nel centro di San Diego, che ospita nella parte nord diverse aree verdi perfette per praticare sport, e soprattutto una grande varietà di musei, tra cui l’Air and Space Museum e il famosissimo zoo, di cui vi ho parlato qualche settimana fa. La parte che però ho apprezzato di più è quella meridionale, dove si trovano diversi edifici risalenti all’epoca di dominazione spagnola, quasi tutti trasformati in musei ma anche utilizzabili come location per matrimoni. L’edificio che più mi ha colpita è sicuramente l’antica cattedrale, che oggi non è più una chiesa ma un museo antropologico, per cui ovviamente va pagato il biglietto d’ingresso.

Altro punto di interesse, non lontano dal museo antropologico, è l’imponente San Diego Museum of Art. Al suo fianco, spesso dimenticato, c’è il Timken Museum of Art, piccolo e visitabile gratuitamente. Oltre che per questa importante caratteristica, io l’ho scelto perché ospita alcuni dipinti di pittori fiamminghi, e soprattutto del mio amato Pieter Bruegel. Anche se è composto da sole quattro sale vale davvero la visita!

Valgono la passeggiata anche padiglione botanico, di cui mi è piaciuto soprattutto l’aspetto esterno, e il giardino giapponese. Balboa Park è tutto questo, un insieme di arte e natura, unite in un luogo tranquillo. Nel weekend è un po’ più affollato, ma non per questo perde la sua nota di pace. Io però ci sono stata anche in momenti meno tranquilli e più vivaci: tutti i venerdì sera estivi, infatti, la via principale del parco si anima di foodtruck, bancarelle varie e musica. Comprate la vostra cena e sedetevi vicino alla fontana, godendovi il tramonto. Non c’è modo più bello per salutare il sole in città.

Ci vorrebbe un North Park in ogni città

Ho un problema: ogni volta che a San Diego visito un nuovo quartiere trovo qualcosa che me lo fa piacere in modo particolare, e quindi diventa il mio posto preferito… finché non passo al quartiere successivo. Ecco, con North Park è successo così, e si è accodato a Balboa Park e Liberty Station. Venite con me per una passeggiata alla scoperta di questa zona indie!

In realtà il motivo che mi ha spinta fin qui è stato il celeberrimo murale Greetings from San Diego, quasi invisibile se non lo si cerca bene: si tratta di un murale collocato sul lato di un edificio basso, che al suo interno ospita un pub. Dalle foto sembra veramente grande e non ci si aspetterebbe mai che la sua location corrisponda in realtà a un parcheggio circondato da palazzi: proprio per questo è difficile da notare, e nonostante la sua popolarità su Instagram non ho trovato tanta gente in coda per fotografarlo. A me piace per il suo aspetto da cartolina, e perché in ogni lettera è disegnato un elemento tipico della città: le Sunset Cliffs, il Coronado Bridge, perfino la bandiera statunitense affiancata a quella messicana, per ricordare la vicinanza al confine.

L’opera è posizionata poco dopo l’incrocio tra la 30th Street e la Howard Avenue: io sono poi tornata indietro, proseguendo sulla Trentesima, alla ricerca di uno spuntino. L’ho trovato in University Avenue, da Hammond’s Gourmet Ice Cream: ovviamente si tratta di una gelateria, che ha la particolarità di servire più di cento gusti diversi, che sono esposti a rotazione in gruppi di 32. Il modo più divertente di assaggiarli è decidere di gustarli uno per uno, comprando da 2 a 32 piccoli coni posizionati nell’apposito contenitore, perfetto per uno scatto da blogger! Vi avverto però, questa gelateria non è affatto economica: ecco perché mi sono limitata alla normale (ma ugualmente soddisfacente) coppetta da due gusti. Il mio preferito? Lavanda, senza dubbio!

Se invece state cercando una vera pausa pranzo, vi consiglio Poki, a breve distanza dalla gelateria. Questo locale è molto popolare a San Diego, tanto che la città ospita punti vendita in diversi quartieri: semplicemente riempite la vostra ciotola di riso o insalata e aggiungete pesce crudo e salsette! Una variante di sushi, perfetta quando ne sentite la mancanza e non trovate un all you can eat nelle vicinanze. North Park inoltre brulica di pub di diverso genere, e la birra non può mai mancare.

E’ un quartiere davvero indie, che all’apparenza può sembrare trasandato ma che io ho trovato piacevole e tranquillo, perfettamente in linea con la filosofia easy going della città. I murales sono ovunque, piccoli o grandi, e danno un tocco artistico alle strade. Mi sono piaciuti anche i diversi negozi, in cui potrete trovare saponi, candele, meravigliosa bigiotteria o tshirt veramente californiane. Insomma, io lo consiglio per una passeggiata nel fine settimana! Se poi volete sedervi e rilassarvi nel verde, percorrendo tutta la Trentesima e poi girando a destra, vi ritroverete al limitare di Balboa Park, in una zona verdissima, perfetta per praticare sport o per stendersi sul prato.

Una strada in salita: hiking in California

Stanchi della città? Se avete voglia di evadere per una giornata e dedicarvi ad attività più salutari, in California non c’è niente di meglio che una gita su qualche cocuzzolo, o come dicono qui, “hiking“: letteralmente “scalare“, praticamente passeggiate più o meno impegnative. Tra le escursioni più popolari da San Diego ci sono sicuramente quella a Three Sisters Fall e a Potato Chip Rock, facilmente raggiungibili affittando un’automobile.

Three Sisters Fall è stata per me l’attività più impegnativa: il percorso percorribile a piedi inizia in piano, per svilupparsi poi verso il basso, in un sentiero stretto, privo di zone d’ombra. Dopo circa 15 minuti di camminata verso il basso, alla ricerca della piccola cascata, ci siamo resi conto che non avremmo visto altra acqua eccetto quella delle nostre bottiglie, perché la fonte era secca a causa delle alte temperature. Abbiamo quindi evitato di spingerci oltre, soprattutto perché la camminata si è svolta nel momento peggiore della giornata: tra le 12 e le 13, con una temperatura di circa 40 gradi. La parte peggiore è stata ovviamente risalire al parcheggio: se decidete di avventurarvi su questo sentiero, portatevi una scorta d’acqua e soprattutto, preferite un giorno più nuvoloso.

Potato Chip Rock si è rivelata una meta ancora più bella della precedente: il mio gruppo di amici ed io siamo arrivati tra le 16 e le 17, quando l’aria si era già fatta un poco più fresca e il sole iniziava la sua discesa. La strada verso la cima è sicuramente più agevole di quella di Three Sisters Fall, ma la pendenza vi ucciderà! Tolte le numerose soste che vi serviranno per evitare di morire per ipossia, la cima è raggiungibile in 40-50 minuti; l’ora del tramonto è sicuramente la migliore per scattare foto alla roccia a forma di patatina, ma preparatevi perché, soprattutto nel finesettimana, potrebbe esserci un po’ di coda, data la popolarità del luogo.

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Per me è stata una giornata faticosa ma bellissima, in cui ho potuto mettermi di nuovo alla prova sfidando le mie scarsissime abilità fisiche e riuscendo a non finire in lista per un trapianto di cuore e polmoni, arrivando, seppur con fatica, alla meta. Ho guidato per l’intera giornata, un’altra esperienza che fino a poco tempo fa mai avrei pensato di poter vivere, e sono stata molto orgogliosa di me stessa quando ho fatto il pieno alla nostra auto, per la modica cifra di 38 dollari (forse è l’aspetto della giornata che più mi ha lasciato a bocca aperta!). Dicono che tutti i tuoi sogni diventino realtà in California: di sicuro sono di nuovo me stessa, qui!